Gli albi illustrati di marzo: La lingua in fiamme, orecchio acerbo
Fabian Negrin, La lingua in fiamme, orecchio acerbo, marzo 2014
Le accuratissime parole pensate, cercate e poi scoperte attraverso l’immaginazione sorprendente dell’autore e illustratore argentino Fabian Negrin affiorano in negativo su pagine rosse come le fiamme di una lingua a tutti gli effetti corporea, vitale, eclettica, spiazzante.
Mentre la lingua di Fabian Negrin accende, ravviva, infuoca l’immaginazione del lettore, dalle pagine bianco avorio che si accostano ai versi in rima si stagliano bozzetti rosso sinopia di quadri linguistici che le parole, da sole, faticherebbero a descrivere.
La tinta monocromatica e il tratto essenziale, appena abbozzato, di Negrin aggiungono infatti alle parole una sensazione tattile di materia scolpita nell’immaginazione e vissuta nell’esperienza più ordinaria, comune, primordiale dei sensi.
L’accordanza piena tra espressione linguistica ed espressione non linguistica è il filo – appunto – rosso che rende La lingua in fiamme di Fabian Negrin, pubblicato per i tipi di orecchio acerbo nel marzo 2014, un’autentica rubrica dell’immaginazione, la cui grammatica dalla lingua in senso stretto sconfina nell’immagine, e persino nei suoni ora alti ora bassi, ora acuti ora gravi, di certe curve e di certe linee.
Ecco un disegno, e un gatto che dorme e che sogna:
Disegno il sogno:
Faccio un disegno E vicino al foglio Dorme un gatto che fa un sogno. […] Vicino al gatto La testa appoggio. E adesso anch’io disogno.
Giochi di parole, che con poche curve di linee si fanno sogno, anzi disogno, senza che si possa più dire se si stia scrivendo, leggendo, disegnando, guardando o sognando.
Parole accordate, scordate, riaccordate:
«Diamanti pochi/Di amanti tanti»Ma il disegno poetico di Negrin, con la stessa instancabile tinta rosso sinopia, esplora tutte le tonalità linguistiche, toccando le corde emotive nelle sue molteplici sfumature. Dal linguaggio onirico dei sogni, al linguaggio romantico degli innamorati, passando per il piacere di «crogiolarsi nel fango», insomma per un linguaggio da «porci», fino al linguaggio del corpo, del corpo nudo di un bambino che si scopre «bellissimo« e che camminando nudo capisce di essere osservato per la sua bellezza, non per la sua nudità in luogo pubblico, così poco conforme.
E infine, poco conforme alle regole della grammatica ordinaria è la grammatica degli errori, errori buffi, lapsus, quadri di immagini che intessono i sentimenti e gettano la lingua in fiamme: «quando parliamo sbagliamo, è brutto. Ma in frutta e furia scordiamo tutto».
Ecco allora che Negrin racconta un linguaggio poliforme e polifonico, capace di tenere insieme la poesia e l’errore, anzi di farsi beffa dell’errore trasformandolo in poesia per immagini, o grammatica dell’immaginazione, cosicché
«se son fiori, roseranno». Fabian Negrin, La lingua in fiamme, orecchio acerbo, marzo 2014