I compiti? Un falso problema.
Intorno ai compiti ruota la famiglia.
Un tempo la paginetta da studiare non era in discussione. Nessun genitore si permetteva di entrare in merito alle scelte della maestra; è pur vero, che un tempo, si andava a scuola, per lo più al mattino, le materie che si insegnavano erano leggere e far di conto, e la maestra una.
Le madri stavano a casa e a loro era affidata l’educazione dei figli. I tempi della società erano meno veloci.
Oggi le donne lavorano a tempo pieno e oltre che occuparsi della famiglia hanno degli interessi personali. Le attività sportive e ricreative a cui partecipano i nostri figli sono molteplici e le famiglie sono cambiate. Alcuni genitori si separano e i bambini si devono districare all’interno di un tempo diviso a metà.
Il week end è lo spazio che dedichiamo ai nostri figli. Uno spazio che vorremmo piacevole e buono. Invece i compiti creano scompiglio, stressano soprattutto noi genitori, e diventano l’ago della bilancia. Il metro con cui misuriamo le loro capacità.
I bambini, di fronte ai compiti fanno i bambini: non li vogliono fare, e procrastinano fin che possono, come è giusto che sia.
Noi adulti non dovremmo occuparcene troppo, dovremmo stare nella stessa stanza ma fare dell’altro, esserci se ci chiedono aiuto, o lasciare che brontolino se non li vogliono fare. E se non li fanno é necessario mandarli a scuola senza compiti. Bisogna che se la vedano loro con la maestra.
É questa l’esperienza a cui non dobbiamo sottrarli: l’assunzione di responsabilità.
Non dobbiamo abolirgli la fatica, appianare gli ostacoli, facilitare la loro vita.
Dobbiamo essere presenti, ma a distanza, e lasciare che i compiti occupino il posto giusto.
Dobbiamo lasciargli vivere gli insuccessi, le fatiche e le sconfitte se vogliamo che crescano e sappiano affrontare la vita.
Compiti o no fa poca differenza.
Quello che deve cambiare è il bisogno di controllo sulla loro vita, e lasciare che si misurino da soli con le difficoltà.
Non dobbiamo sentirci “valutati” come genitori, perché se siamo sinceri con noi stessi, è questo che temiamo. La scuola è lo specchio del sociale, ma non dovrebbe essere così.
Dovremmo guardare i nostri figli per quello che sono non solo per quello che fanno.
Gli ostacoli sono un bagaglio a mano, un faro nella notte, una strada per l’esistenza.
I compiti sono poca cosa, se non domande intorno alla nostra genitorialità. E, allora, dovremmo farci altri quesiti sui figli, quelli che ci aiutino ad essere genitori migliori.
Non è facile, lo so.
Esistono voragini e giorni difficili, in cui siamo messi alla prova. I compiti sono una prova continua, ma se lasciamo che siano loro a gestirli, possiamo concentrarci davvero sul loro essere, e far esistere i nostri bambini in un tempo buono in cui possano crescere.
Un tempo di cure, in cui li accompagnamo senza sostituirci. Un tempo dedicato.