Professione Mamma a tempo pieno
Noi siamo stremate, esaurite, multitasking. Anche loro. Noi siamo stressate e non riusciamo mai a finire quella dieta. Anche loro. Noi non abbiamo mai tempo per parrucchiere-estetista-shopping-aperitivo-relax. Neanche loro.
Noi siamo le #momatwork, loro sono le stay-at-home-mom, per dirla all’ammericana.
Ovvero le casalinghe con prole.
In Italia sono 12 milioni le donne che non lavorano, ma del resto sono poche anche quelle che fanno figli (considerando che secondo gli ultimi dati ISTAT nel nostro Paese si fanno 1,4 bambini per ogni donna). Senza dimenticare che il 22% delle madri lavoratrici, lascia il lavoro dopo due anni dalla nascita del bambino (sempre ISTAT).
Probabilmente se una donna di questi tempi decide di non lavorare – o di lasciare l’ufficio per seguire i bambini – è perché il marito può coprire le spese. Perché la famiglia può permetterselo, insomma. O anche perché, a volte, al contrario dei loro partner, le donne guadagnano talmente poco che “il lavoro della mamma” – paradossalmente all’improvviso – non è più una risorsa, ma diventa un “peso” per il bilancio familiare. Guadagnano troppo poco rispetto alla babysitter che dovrebbe andare a prendere i bambini all’asilo o a scuola, per esempio. Quindi, la scelta è una: si lascia.
Sono poche quelle che vedono lungo e pensano: “Cosa sarà della mia professione se sto ferma 3 anni, aspettando che vada all’asilo?” e stringono i denti. Pochi quelli che possono affrontare le spese di gestione familiare, sostenute in vista di evitare alla madre un esaurimento nervoso, dovuto alla mancanza di orizzonti diversi da quelli domestici.
Cerco di rispettare – e soprattutto di non giudicare – tutti, sempre e comunque. E ogni volta che incontro una mamma-che-non-lavora cerco di capirla: avrà un motivo, e comunque va rispettata la sua scelta. Mi vengono in mente le parole di una amica sociologa, professoressa alla Sapienza di Roma: “Ma a casa che cosa dobbiamo fare ancora? Fissare il muro? Fare le lasagne?”. Perché passare il tempo a fare le pulizie domestiche oggi suona quasi anacronistico.
Ma una parte – molto piccola, quasi timida – dentro di me mi dice: qualcuno dovrà pur farle, giusto? E i bambini? Quando non vedo mio figlio per 10 ore sto male. E’ piccolo, ha bisogno della mamma e del papà. Possibile che debbano crescerlo i nonni e la babysitter? E’ mio figlio! Ed ecco che spunta, velata e vergognosa, l’invidia per queste madri casalinghe.
In fondo, sì, dovranno usare ramazze e stracci. E’ vero, avranno la giornata per metà libera, una routine più soft della mia. Ma possono godersi i figli, educarli, crescerli, stimolarli. Magari riescono anche a trovare il tempo per un libro o un aperitivo con le amiche. Non devono andare a lavorare con il pensiero di : “Sei sicura che questo impiego valga di più del tempo passato con lui, con il tuo piccolino?”.
Ma poi torno in me stessa e mi rendo conto che il mio lavoro, anche se a volte mi stressa e mi sottopaga, mi migliora. Come persona e, quindi, come mamma. E quando il mio lavoro va bene, sono soddisfatta di me, felice. E se sono felice, posso essere anche una madre più serena ed equilibrata per mio figlio.