Vuole stare sempre con la mamma: i consigli di chi l’ha provato

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sempre con la mamma

Mamma io ti voglio sempre!

Era la frase più utilizzata da Giacomo, fino a qualche tempo fa, quando all’ingresso del nido cercava, tra le lacrime, di convincermi in tutti i modi a cambiare idea e riportarlo a casa.

Tranquille, fa parte della crescita. Quando il bambino inizia a sentirsi un’entità a sé, tra i 10 e i 18 mesi, è proprio il momento in cui avverte il senso di distacco e come reazione, per contrastarlo, vuole stare sempre con la mamma.

E’ curioso, comincia a camminare, esplorare la casa, a chiedere ciò che vuole, ma in questa progressiva corsa verso l’autonomia, correre dalla mamma resta la base che più lo rassicura.

Certo, di mamma ce n’è una sola, lo sanno tutti, comprese noi, che abbiamo alimentato questo legame a doppio filo, fin dai loro primi giorni di vita.

sempre con la mamma

Un rapporto speciale, un dialogo intimo, che gli psicologi chiamano bonding e che per noi altro non è, che il semplice modo di essere mamme. Secondo le ultime teorie di John Bowlby (1907/1990), è proprio questa nostra capacità di sintonizzarci sulle emozioni del piccolo, la chiave  per lo sviluppo di un “attaccamento cosiddetto sicuro”, che renderà col tempo il bambino più equilibrato e fiducioso.

Se vuole stare sempre con la mamma, dunque, non è assolutamente una cosa di cui disperarsi o peggio un problema insormontabile.

Anzi, per Bowlby è  un rapporto funzionale, che rappresenta la condizione necessaria per arrivare a costruire l’autonomia individuale. Un cambio di prospettiva,  che ci ribadisce l’importanza della nostra presenza costante nei primi mesi.

Un po’come cucirgli addosso le ali e farli volare sicuri fuori dal nido, appena sarà arrivato il momento giusto. Esattamente quando? Ogni bambino ha i suoi tempi, quando  sarà pronto,  saremo noi  le prime ad accorgecene.

Di sicuro l’autonomia dalla mamma è un traguardo dei due o tre anni.  A questà età i bambini iniziano a riferirsi anche ad altre persone, a fare amicizia o a trascorrere più tempo al parco a giocare a perdifiato con i coetanei.

L’importanza del papà.

Nell’attesa che il bruco diventi farfalla, tuttavia, noi possiamo comunque fare tantissimo a cominciare dal coinvolgimento del papà, dei nonni, degli zii, e degli amici più fidati.

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Anche la figura paterna è un baluardo sicuro che esprime e colma un bisogno diverso,  ma altrettanto importante. E poi oggi i papà sono spettacolari, a patto che la mamma lasci loro la libertà di esserlo fino in fondo. Il papà è il re della relazione ludica, dei giochi di movimento, che coinvolgono il bambino forse in modo goffo, non esattamente compiuto, ma speciale per imparare a socializzare.  A noi mamme il dovere di assecondare questo spazio il più possibile, perché il contatto con il papà è un’ottima occasione per entrambi.  Se li aiutiamoli a scoprirsi complici già in questa fase, lo saranno per sempre.

I giochi

Alzi la mano chi non conosce cucù-settète? Anche questo gioco aiuta i nostri bambini a capire che il distacco dalla mamma non è mai totale, ma sempre solo momentaneo. Nascondersi dietro a un divano o a una porta per poi riapparire, urlando con un sorriso cucù-settète aiuta e funziona. Non stupitevi perché è questo un consiglio dato e sperimentato da valenti psicologi e pedagogisti.Una volta che il piccolo si sarà abituato alle dinamiche di questo gioco, l’assenza della mamma sarà meno pesante, perché si concentrerà sull’attesa di rivederla presto.

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© Studeersnel B.V.

A proposito, niente può più di un sorriso. E’ l’arma più forte che abbiamo per trasmettere la nostra vicinanza. La prima forma di comunicazione che abbiamo adottato, quella più bella del mondo e che rassicura di più!

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