A caccia di Rudi … Il Guinness delle feste!
Andare in pensione è noioso, per un poliziotto forse lo è ancora di più. Ho trascorso la vita a investigare, scoprire, cercare: un giorno non è mai stato uguale a un altro. Poi all’improvviso il dipartimento ha deciso ed ecco che è arriva la mia condanna: non fare più niente, sedersi e fissare l’orizzonte. Mi presento: mi chiamo Joe Guastella, vivo a Chicago, ho 65 anni e sono appena tornato dall’Italia, dove ho vissuto un’avventura che mi ha ridato entusiasmo e voglia di godermi la vita. Ecco com’è andata.
Mia moglie Mary, italoamericana, ha insistito per visitare Roma. La sua famiglia è originaria della città eterna e il desiderio di riscoprire quei luoghi, nel luglio scorso, l’ha convinta a prenotare una vacanza romana per onorare la mia pensione. Dopo qualche giorno speso a vedere tutti i monumenti possibili, con il caldo che ci toglieva il fiato, abbiamo deciso di sconfinare fino al mare. Abbiamo scelto Fregene e il suo via vai di giovani. Passeggiando, ci siamo imbattuti in una festa allegra e chiassosa. Ci saranno stati trenta bambini, che correvano sulla spiaggia. La cosa che ci ha incuriosito era come il gruppo di bimbi rimanesse compatto, tutti erano incantati dalla voce e dai giochi che proponeva un buffo signore con le bretelle, la visiera e i capelli bianchi. Sembrava il pifferaio magico: lui dava le direttive e, meglio di un esercito di piccoli soldatini, tutti eseguivano scrupolosi, ma sempre divertendosi. Guardando meglio, un’altra cosa che ci aveva colpito era il coinvolgimento dei genitori. Tutti facevano finta di fare altro, chi mangiava e chi conversava, ma nessuno poteva evitare di seguire con lo sguardo ogni mossa di quel signore, facendo perfino uno sforzo per non buttarsi in pista e giocare anche loro. All’improvviso, voltandomi verso mia moglie che fino a poco prima incitava le ragazzine a vincere la sfida contro i maschietti, mi sono accorto che Mary era rimasta ammutolita. Era il momento della torta e tra coloro che erano andati a baciare e ad abbracciare la piccola festeggiata, mia moglie fissava un uomo come se avesse “visto un fantasma”. Avevo provato a indagare, ma lei non aveva voluto confidarsi e alla fine avevo lasciato stare.
Il giorno dopo la mia Mary, lei che non aveva mai amato il mio lavoro, il pericolo e il tanto tempo che mi portava fuori casa, mi aveva svegliato chiedendomi di occuparmi di un’ultima indagine. Avrei dovuto rintracciare per lei un uomo con la barba brizzolata, che aveva notato nel gruppo di adulti che era alla festa.
Esisteva un solo modo per far partire la ricerca: riuscire a individuare l’animatore del party. Così, col mio fare da investigatore della Polizia di Chicago, ero tornato sul “luogo del delitto” e avevo chiesto al bagnino della spiaggia che aveva ospitato la festa se sapesse dirmi chi fosse “il pifferaio magico”. Alla mia domanda, la risposta non ha tardato ad arrivare. Un capannello di gente mi ha circondato, chiunque fosse a portata d’orecchio della mia richiesta. Il bagnino, una famigliola che si stava sistemando sotto l’ombrellone e perfino il venditore ambulante di cocco mi hanno guardato con gli occhi fuori dalle orbite e mi hanno chiesto: “Ma davvero non conosci Rudi? Rudi l’animatore è la ciliegina sulla torta di ogni compleanno”. Ho provato a giustificarmi marcando ancora di più il mio accento americano, ma nessuna giustificazione sembrava essere valida. E così, visibilmente infastiditi per la mia grave carenza, mi hanno concesso un’ultima confidenza: Rudi sarebbe Rodolfo, Rodolfo d’Errico che abita a Trastevere, lo conoscono tutti a Roma e dintorni.
Forse sottovalutando l’estensione di un quartiere romano, me ne sono tornato soddisfatto in città, pensando che avrei rapidamente rintracciato Rudi e quindi il misterioso uomo con la barba che mia moglie non mi aveva ancora spiegato chi fosse. Partendo da Piazza Trilussa ho iniziato ad addentrarmi tra i vicoli. Ho chiesto a qualcuno qua e là, finché un bottegaio mi ha detto che lì vicino c’era il magazzino di Rudi, dove l’animatore custodisce la sua famosa macchinetta e una montagna di giochi, tutti diversi, per far divertire la sua vasta platea. Arrivato alla saracinesca, un ragazzetto mi ha chiesto: “Sei un amico di Rudi?”. Ho glissato, facendoglielo credere e sono entrato a curiosare. Nel garage tutto era diviso per argomenti: pirati, principesse, supereroi e fatine. Qualunque tema scegliesse il festeggiato, Rudi sapeva come ricamarci intorno e aggiungere qualche altro gioco, molti dei quali costruiti da lui stesso e perciò mai visti prima.
All’improvviso, scordando la regola d’oro di ogni poliziotto (è sempre meglio tacere, tutt’al più dire il meno possibile), ero caduto in fallo intavolando la conversazione dal verso sbagliato. “Giovanotto, immagino che tra poco Rudi sarà qui. Di martedì non credo che un animatore abbia molto da fare”, avevo sentenziato spavaldo. E invece ero appena scivolato su una buccia di banana che chiunque a Roma avrebbe evitato: “Lo sanno tutti che Rudi non ha un giorno libero”, era infatti stata la reazione piccata del ragazzo del garage, “se non sai che da più di vent’anni fa almeno 250 feste l’anno, forse non è vero che sei un suo amico”. E così mi ero beccato un gentile invito ad andarmene, parzialmente recuperato con la prima scusa che mi era saltata in mente: “Ma certo che lo sono, solo che non vedo Rodolfo dai tempi della scuola”. Sembrava che avessi toccato il tasto giusto, tanto che il giovane si era tradito: “Avete frequentato insieme l’Accademia delle Belle Arti?”, mi aveva chiesto, svelandomi così un altro importante indizio.
Andare a via di Ripetta, all’inizio, non aveva dato frutti. Ovviamente l’Accademia non apre i propri archivi a uno sconosciuto poliziotto d’Oltreoceano, oltretutto in pensione. Ma la fortuna aveva voluto che chiedendo di un ex alunno che volevo rintracciare, il custode mi aveva incalzato: “Ne conosco solo uno che è diventato famoso, ma ironia della sorte ha cambiato del tutto strada nella vita. Nel 1978, quando sono nato io, è andato in Valtur come scenografo ed è tornato che aveva scoperto di avere un grande talento con i bambini. Da allora, Rudi anima le feste di generazione in generazione. Era stato il regalo di compleanno per mio zio e già da qualche anno è diventato quello di mio nipote. Non so come faccia a catturare l’attenzione di qualunque ragazzino graviti nel suo raggio d’azione, una volta mi ha detto che il suo trucco è incuriosirli. Non va a coinvolgerli per forza, aspetta che siano i bambini ad andare da lui. Li rispetta”. “Chi gli ha insegnato a far divertire i bambini?”, avevo chiesto perdendo di vista l’obiettivo, ma realmente incuriosito da questo personaggio. “Nessuno. Hai mai partecipato a una festa di Rudi? E’ lui il primo a divertirsi, forse perché ripropone l’atmosfera che viveva in casa da ragazzino. So che erano sei fratelli, chissà quante ne avranno combinate”, e anche lui aveva tagliato corto congedandosi.
Stavo per darmi per vinto e mi ero incamminato per tornare in hotel, quando per puro caso ho notato Rudi alla guida della sua macchinetta. L’ho rincorso, l’ho chiamato e finalmente sono riuscito a bloccarlo. Gentilmente Rodolfo ha accettato il mio invito a prendere un caffè al bar e gli ho raccontato tutto: la pensione, il viaggio e la strana richiesta di Mary di rintracciare l’uomo barbuto. “Non posso darti il numero dei genitori della festeggiata”, aveva replicato l’animatore con gentilezza, “ma ti do la mia parola che li contatterò stasera stessa chiedendo loro il permesso di farlo. Forse però vorranno sapere che cosa cerca tua moglie”. Giusto, ma neanche io sapevo che cosa lei avesse in mente.
Affascinato dal personaggio, andando via gli avevo gridato: “Rudi, quante feste hai fatto? Ci sei nel Guinness?” “5.650”, aveva risposto dal finestrino abbassato, fermo al semaforo rosso. Poi di corsa, appena scattato il verde aveva strillato: “Mentre io compio la mia missione, tu scopri qual è il record”, e se n’era andato via ridendo da solo.
In hotel Mary mi aspettava con ansia, perciò le avevo dato subito la notizia. Avevo fatto del mio meglio, ora c’era solamente da aspettare. “Andiamo a cena”, avevo proposto io, “con un bicchiere di vino stemperiamo la tensione e se ti va mi racconti chi è l’uomo con la barba”. A tavola, in un localino tipico, Mary mi aveva raccontato del grande amore dei suoi genitori, spiegandomi che a farli incontrare era stato un uomo che lei aveva visto solo in foto, secondo lei con gli stessi occhi dell’uomo con la barba.
Mentre Mary parlava, ha squillato il telefono. Era Rudi: sarebbe passato al ristorante, da noi, con i genitori della bambina, felici di fare questa piccola cortesia al loro “animatore di famiglia”. Mary era emozionata, finalmente avrebbe rintracciato il suo uomo con la barba, che poi abbiamo scoperto essere il nonno della piccola. Anche lui felicissimo di rintracciare Mary e gli altri. Ma la vera sorpresa è stata un’altra: quando Rudi e i genitori della festeggiata ci hanno raggiunti al ristorante, Mary, ricostruendo i tasselli mancanti della propria infanzia, ha ricordato che da piccolissima aveva ricevuto in regalo una festa con un giovane Rudi.
“Evviva!” ho detto, “questa si che è un’indagine risolta: la festa numero 5.651 è quella che fa entrare Rudi l’Animatore nel Guinness dei primati!!!“