La favola di Hansel e Gretel
Perché Hansel e Gretel fa paura?
A novembre leggiamo storie di streghe e con alcune mamme ci siamo ritrovate a parlare di Hansel e Gretel.
A me non è mai piaciuta questa storia perché mi ha sempre fatto una terribile paura – ho detto io. Ne abbiamo parlato e abbiamo scoperto insieme che in realtà a molte di noi da bambine questa storia ha fatto paura ma molte non hanno saputo spiegare il motivo.
Le risposte ipotizzate sono state tante: la strega è troppo brutta, il bosco si sa fa paura a tutti i bambini, essere chiusi in gabbia come un pollo all’ingrasso per diventare il pasto di qualcuno è orribile, nessun adulto ad aiutare e guidare questi bambini, forse fa solo tristezza e non paura … la mia personale riflessione riguarda il rapporto genitore-figlio. Ciò che io da piccola non potevo proprio sentire in questa storia era il momento in cui i genitori, estremamente poveri, abbandonano i figli nel bosco perché non sanno come sfamarli.
La miseria e l’incapacità di un genitore di proteggere il proprio figlio, questo è quello che mi faceva orrore. Ma lo scopro, ovviamente, da grande.
All’epoca (ebbene si sono passati 40 anni sob) mi faceva orrore e basta e mi tappavo le orecchie per non sentire. A questa mia riflessione aggiungo il fatto che, lo ricordo ancora benissimo, una volta a leggermi questa storia fu un amico di famiglia che decise di affrontare una lettura teatrale ( o forse plateale) e nel momento dell’abbandono la sua voce si fece alta, profonda e greve. I suoi occhi erano aperti come due enormi lune bianche e la bocca sembrava essere quella della strega che mangiava il bambino. Non mancò la tenebrosa risata finale. La lettura della soluzione scivolò via quasi in sordina: non fu altrettanto plateale.
La migliore osservazione, lo dico, viene da una mamma che racconta quanto da piccola abbia avuto paura della formica di Esopo che lasciava morire di fame la cicala solo perché non aveva lavorato l’estate e non abbia mai avuto paura della strega di Hansel e Gretel. Questa risposta mi lascia uno spunto di riflessione per il prossimo articolo.
Voglio collegare la mia riflessione a quanto ci ha insegnato Bruno Bettelheim sostenendo che i racconti per l’infanzia devono la loro fortuna alla modalità semplice e breve con cui fanno arrivare ai bambini i messaggi esistenziali dell’umanità, suggerendo una via per la soluzione.
Naturalmente il fatto che io abbia raccontato del mio orrore verso questa fiaba non significa che la fiaba è brutta, non deve essere letta ai bambini, è fuori moda. Al contrario, la mia grande paura di fronte a questa fiaba dimostra la sua potenza e … la necessità di creare un contorno adulto che sappia accompagnare i bambini in queste letture: scuola, genitori, nonni e ritrovi culturali di vario genere.
In fondo i racconti orali sono da sempre il primo insegnamento della vita ai bambini . Gli adulti degli antichi villaggi danzavano e raccontavano storie ai bambini per introdurli, con un linguaggio semplice e diretto, alla realtà della vita. Volendoli proteggere, spesso raccontavano storie terribili cercando di illuminarli sui possibili pericoli e su come salvarsi.
Poi, l’uomo ha inventato la scrittura e la lettura e per conservare questa saggezza si è iniziato a scrivere i racconti popolari e a leggerli e … a raccontarli ancora. Periodi di razionalità in cui la realtà deve essere rappresentata nuda e cruda si sono sempre alternati a periodi romantici in cui si mette in risalto la poesia dell’uomo. L’uomo e Dio da sempre, nella letteratura, si alternano contendendosi la centralità della storia. Ciò che rimane saldo in queste storie sono i riferimenti agl archetipi emotivi dell’umanità: paura, amore, odio, rabbia … le emozioni!
I fratelli Grimm cominciano a pubblicare raccolte di racconti nel 1812. Considerano il bambino l’attore protagonista della lettura dei loro libri e vi mettono dentro il mondo intero cercando di spiegarlo in poche parole ai bambini, così come loro lo percepiscono: re, regine e principi; fedeli servitori e vili traditori, artigiani, pescatori, mugnai, pastori … tutto in modo molto naturale.
Intorno al 1825 decidono di alleggerire il linguaggio dei loro racconti rendendolo accessibile e comprensibile anche agli illetterati.
È del 1857 l’elaborazione dei racconti così come la conosciamo noi ancora oggi: Biancaneve, Cenerentola, Cappuccetto Rosso, La Bella Addormentata nel Bosco e Hansel e Gretel.
Hansel e Gretel … avevo deciso di non leggerla ai miei figli ma poi, riflettendo, o RifLeggendo come dico io, se dal 1857 questo racconto è arrivato fino a noi tradotto in tutte le lingue, qualcosa di buono deve avere. Se ci penso, io passo giornate intere cercando di insegnare la vita ai miei figli e nella vita esistono anche le storie dei fratelli Grimm, storie che conducono ad archetipi importanti per i bambini e chissà che loro non sappiano parlare a questi bambini meglio di me!
Per riflettere sui fratelli Grimm vi lascio queste ultime due illustrazioni.
La prima di Arthur Rackham del 1909 e la seconda di Lorenzo Mattotti del 2010.